kan-shin

Interesse, ingaggio, motivazione, attenzione, desiderio, dedizione, disposizione favorevole, questa condizione presenta più di una faccia.

questa configurazione di ambiente si correla ad alcune condizioni (altre configurazioni di ambiente) con cui ha a che fare la learning-machine, la macchina che (può) apprendere: anche ora non sfuggiamo alla evidenza che apprendere, “generare” nuovi script e integrarli nel “vecchio” software, è una azione, per quanto complessa, e che come tale deve necessariamente rispondere, costituirsi come risposta al comando della sopravvivenza,

  • ad almeno quattro bisogni, necessità sistemiche, integrità sistemica, protezione della integrità sistemica, mantenimento/manutenzione del sistema, buon funzionamento del sistema
  • ad almeno cinque “chiamate imperative”, cibo, riparo, riproduzione, relazioni con i simili, allineamento virtuale-reale

Lo stesso vale per l’interesse, per il kan-shin: anche questa è una azione, che altro può essere mai?  Qualunque cosa esista, per la macchina, è sempre e solo il correlato delle azioni che la macchina può mettere in campo, può dispiegare, per averci a che fare: e se nessuna azione può essere dispiegata (attenzione, stare fermi, stare alla larga, sono azioni) allora per la macchina è silenzio, vuoto, nulla, non-esistenza.

Nessuna osservazione può andare oltre il dato, il dato “diventa” informazione se e solo se connesso ad altro dato, la connessione non è costitutiva del dato, è l’effetto di una azione che compiamo noi, elemento base e chiave che può a sua volta essere  “trasformato” in dato, e come dato essere correlato ad un altro “dato” di natura simile, un’altra connessione: connessioni tra dati, connessioni tra connessioni tra dati, connessioni tra connessioni tra connessioni tra dati, non so se si possa andare avanti all’infinito, intuisco che si possa salire di livello di complessità un po’ di volte, senza eccessiva difficoltà.

L’insieme di questo tipo di azioni lo chiamiamo intelligenza, comunemente accolto come una dote, una caratteristica più o meno spiccata di un soggetto, una capacità: è intelligente chi (o qualcosa, anche una IA) dà prova di riuscire a individuare connessioni, collegamenti (tra dati, tra connessioni, tra collegamenti), relazioni e correlazioni.

Nessuno si oppone o si interroga sul come mai nessuna osservazione possa fare qualcosa di più che intercettare dati, avere a che fare con dati, portarci dati: sappiamo tutti, anche se spesso non sappiamo di saperlo, che ricavare dati dalla “semplice” osservazione è tutt’altro che una operazione semplice.

Il dato è “ritagliato” dal contesto in cui si trova, di nuovo, il “ritaglio, la “sottolineatura” come la chiamano alcuni, la “differenza”, come la chiamano altri, la eseguiamo noi, la eseguono i sistemi di cui siamo costituiti, sistemi raffinati nel corso di milioni di anni, stabilizzati e trasmessi di generazione in generazione, poiché sono risultati i più adatti a sostenere la nostra sopravvivenza, efficaci nel sostenere e, in qualche misura, guidare, la nostra interazione con le configurazioni di ambienti con cui abbiamo a che fare… forse questo non possiamo affermarlo, i  nostri sistemi sono datati, erano certamente efficaci rispetto alle configurazioni di ambiente di alcuni milioni di anni fa, nel frattempo i nostri ambienti sono drammaticamente mutati…

Sì, ci sono ancora alberi, cavalli e cani, pecore e maiali, ma anche tante altre “cose” che milioni di anni fa non c’erano, ci sono le città, le auto, le reti elettriche, otto milliardi di persone, contro le poche centinaia di migliaia di allora, è possibile che il nostro hardware ed il nostro software primario siano troppo datati per farcela oggi.

Sappiamo anche che la relazione tra osservatore e “oggetto” osservato è un problemino che Eisenberg ci ha beffardamente impedito di ignorare: qualunque osservatore influenza l’oggetto osservato, con la conseguenza che non possiamo essere sicuri che ciò che abbiamo osservato sia lo stesso di ciò che è quando non lo osserviamo.

Fregati.

O forse no: sembra possibile accettare la impossibilità della “osservazione pura”, della separazione netta tra osservatore e oggetto osservato, sembra possibile la rinuncia alla “neutralità” della osservazione, alla “oggettività” del dato, senza eccessivo pregiudizio per il valore salvifico delle nostre teorie di azione.

Che cosa sia rilevante e che cosa no sembra fortemente correlarsi al kan-shin ed al mu-kan-shin, kan-shin a ciò che è rilevante, mu-kan-shin a ciò che non lo è: “decisioni” queste che non possiamo non vedere come effetto, frutto, correlato al dispiegarsi della azione della nostra macchina, azione guidata dal software individuato come il migliore da eseguire rispetto all’efficace (positivamente correlato alla sopravvivenza) governo della interazione con le configurazioni di ambiente con cui sto avendo a che fare.

E ciò che riusciamo a notare e a riferire, beh, possiamo serenamente accogliere che possa non essere proprio tutto, che sia possibile che, rispetto a questo compito, anche noi sapientoni mettiamo il contenuto  nel box sbagliato, nella categoria semantico-concettuale sbagliata, che il contenuto sia un canederlo poco utilizzabile e non un ingrediente, un elemento del canederlo, maggiormente utilizzabile.

E dunque, come la mettiamo adesso? Ci siamo inoltrati nella notte dove tutti i gatti sono grigi e indistinguibili l’uno dall’altro? andiamo sempre più a fondo, individuando aspetti sempre più complessi e ricchi di possibilità interpretative, finendo in un continuo aprire domande, in un irrisolvibile spirale di what-if, se-è-così-che-si-fa?

Penso sia bene, da un lato, gioire della bellezza e della formidabile complessità che possiamo trovare in ogni più infinitesimale “ritaglio” della nostra esistenza, dell’infinito che costituisce ciascun elemento finito, della stupefacente complessità e bellezza della nostra macchina e dei suoi software, di ciò che riesce a compiere.

Ed in questo rallegrarci e gioire, non perdere di vista proprio il riscontro della riuscita, della nostra meravigliosa macchina, nel cimento quotidiano e silente: mantiene in vita triliardi di cellule interconnesse, triliardi di batteri, oggi, come è accaduto per milioni di anni, individuiamo, definiamo, risolviamo continuamente problemi, non c’è un momento della nostra esistenza in cui non stiamo facendo esattamente questo.

Kan-shin e mu-kan-shin sono effetti dei nostri software.